giulia di pietro nutrizionista bari di Giulia Di Pietro

 

E’ stata approvata da parte del nostro Parlamento la norma che innalza il limite minimo di succo d’arancia contenuto nelle bibite dal 12% al 20%, ma solo per i prodotti italiani.

Il limite precedente rimane valido in tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea e questo ha suscitato le proteste dei produttori, secondo i quali tale decisione penalizzerebbe la produzione made in Italy a favore delle bibite importate, inducendo molto probabilmente le aziende a delocalizzare i propri impianti in altri Paesi dove non sono in vigore gli stessi vincoli.

Di parere opposto la Coldiretti che sostiene che questo provvedimento “impedirà di continuare a vendere acqua come fosse succo”, contribuendo a migliorare la qualità dell’alimentazione e ad incidere positivamente sulla produzione di arance italiane che vedrà un incremento di circa 200 milioni di chili all’anno in più.

Quali saranno le reali conseguenze di questo provvedimento lo scopriremo a distanza…

Per ora ci limitiamo a constatare che una maggiore percentuale di frutta in prodotti che, come sappiamo, sono largamente diffusi soprattutto nella popolazione infantile non può che incidere positivamente sulla loro salute, senza dimenticare la troppa facilità con cui i nostri bambini consumano i succhi di frutta!

Molti genitori infatti pensano erroneamente che possano sostituire la frutta fresca o addirittura l’acqua per assicurare il giusto grado di idratazione durante la giornata.

Per quanto riguarda il primo aspetto, innanzitutto dobbiamo sottolineare che con il termine generico di “succo” si designano prodotti di varia natura e dalle caratteristiche ben distinte.

Esiste un’apposita legislazione che regolamenta questo tipo di prodotti (), in base alla quale il “succo di frutta” vero e proprio indica una bevanda che contiene il 100% di frutta, mentre i “nettari” sono composti da succo e polpa per il 40-50%, per il resto da acqua ed eventualmente zuccheri ed aromi.

Esistono poi le bevande analcoliche alla frutta (aranciate e limonate) in cui la percentuale di succo di frutta scende, come abbiamo visto, al 12%, per ridursi ulteriormente nelle “bevande al gusto di..”.

Sempre a livello europeo, sono state introdotte recentemente delle norme che regolamentano la presenza di zuccheri o edulcoranti: non sarà più possibile, infatti, aggiungerne ai succhi, mentre si potrà continuare a farlo con i nettari, purchè venga esplicitato nell’etichetta.

Inoltre, la dicitura “senza aggiunta di zucchero” non sarà più consentita ove sia presente un dolcificante artificiale (quale la saccarina), anche nel caso dei nettari.

Infine, i succhi d’arancia, che oggi possono contenere fino al 10% di succo di mandarino, per essere venduti come tali dovranno risultare puri oppure, in caso contrario, dovranno indicare esplicitamente in etichetta la presenza del mandarino stesso.

Questo vale sia per i prodotti provenienti dall’Unione Europea sia per quelli importati, soprattutto da Brasile e Stati Uniti, che detengono una grossa fetta del mercato internazionale.

Un’ultima novità riguarda il pomodoro che verrà classificato come frutta e, di conseguenza, il suo succo dovrà osservare le stesse norme previste per gli altri succhi.

Dev’essere ben chiaro che, al di là di eventuali aggiunte, nei succhi troviamo comunque gli zuccheri naturalmente presenti nella frutta: saccarosio, fruttosio e glucosio.

Se pensiamo che sia i succhi sia i nettari apportano circa 50 Kcal per 100 ml di prodotto (con una percentuale di zuccheri che va dal 10 al 15%) si comprende come il loro abuso costituisca un importante fattore  di rischio nel sovrappeso e nelll’obesità, soprattutto tra i  bambini e gli adolescenti.

Tali prodotti non possono essere considerati sostitutivi della frutta fresca, ma piuttosto complementari, per esempio, nella merenda.

Ricordo inoltre che il contenuto in fibre e vitamine della frutta non è affatto paragonabile a quello dei succhi, che ne sono praticamente privi.

Molto interessante è il confronto che deriva tra la composizione di 100 g di pera (senza buccia) con la stessa quantità di succo dell’analogo frutto, sulla base delle tabelle di composizione degli alimenti, redatte dall’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione).

Il dato più interessante riguarda il contenuto di fibre che nella pera fresca ammonta a 3,8 g, quantità del tutto assente nel succo.

Inoltre, nella pera troviamo 8,8 g di zuccheri solubili, quota che sale a 14,5 g nel succo; l’energia fornita poi ammonta a 35 Kcal nella polpa fresca, per salire a 56 Kcal nel caso del succo.

Ancora, nella pera fresca sono presenti minerali e vitamine che scompaiono completamente nel succo (sodio, magnesio, zinco, rame, vitamina C, ma soprattutto, potassio, presente in quantità considerevole nella pera, addirittura 127 mg/100 ml!).

Se poi consideriamo che la frutta derivante da agricoltura biologica può essere consumata anche con la buccia (ricca di ulteriori fibre e pigmenti antiossidanti), se ne deduce l’indiscusso beneficio.

In aggiunta, la frutta ha un elevato potere saziante e svolge un ruolo non secondario nell’igiene orale, grazie alla masticazione che sembra stimolare la mineralizzazione dello smalto contribuendo a renderlo più resistente.

Alla luce di tali osservazioni, limitiamo quanto più possibile il consumo di queste bevande, poiché non possono sostituire né la frutta né, peggio, l’acqua anche perché, proprio per il loro elevato contenuto di zuccheri, dissetano molto meno, al contrario di quel che comunemente si pensa.

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