Aggiungere sale agli alimenti è solo un’abitudine e, come tale, può essere modificata, con un po’ d’impegno e sacrificio.
Ma se questo avviene già da piccolissimi, durante lo svezzamento, tutto risulta più semplice: possiamo così dare un imprinting benefico ai nostri figli che risulterà preziosissimo da adulti.
Il sale comune (cloruro di sodio) è costituito da due elementi: il cloro e il sodio. E’ soprattutto ques’ultimo che gli conferisce il suo sapore caratteristico e le note proprietà biologiche.
Il sodio è infatti indispensabile per il nostro organismo, in quanto interviene nella trasmissione degli impulsi nervosi; consente la normale funzionalità dei muscoli; aiuta a preservare la giusta acidità del sangue e ci protegge dalle eccessive perdite idriche.
In condizioni fisiologiche, il nostro organismo ne elimina da 0,1 a 0,6 g ogni giorno ed è questa la giusta quantità che andrebbe reintegrata con l’alimentazione. Se pensiamo che ogni grammo di sale da cucina contiene circa 0,4 g di sodio e che dati scientifici indicano come un adulto italiano ne ingerisca circa 10 g ogni giorno (ovvero quasi 10 volte quello necessario!), si capisce come questa sia un’abitudine davvero pericolosa!
Un eccesso di sodio predispone alla comparsa di rischi cardiovascolari, danni renali, tumori dello stomaco, un incremento delle perdite di calcio con le urine (con un aumentato rischio di osteoporosi) e, soprattutto, all’ipertensione arteriosa.
Quest’ultima, una volta sconosciuta in età pediatrica, ha un’incidenza oggi del 4-6% nella fascia compresa tra i 3 e i 10 anni ed il fenomeno è in continuo aumento, tanto che in alcuni ospedali pediatrici si è resa necessaria l’apertura di appositi ambulatori.
La quantità raccomandata di assunzione di sale sta al di sotto di 6 g al giorno, pari a circa 2,4 g di sodio, per soddisfare il gusto senza incorrere in rischi per la salute (ricordo che un cucchiaino da caffè ne contiene circa 5 g).
Un errore molto comune è considerare in questo calcolo solo il sale aggiunto e non quello presente naturalmente negli alimenti (acqua, frutta, verdura, carne) e, soprattutto, nei prodotti trasformati (salumi, scatolame, derivati dei cereali, conserve, snack industriali…).
Dovremmo prestare particolare attenzione al sale nascosto nel pane e nei prodotti da forno (grissini, crackers, biscotti, merendine ecc.) che mangiamo ogni giorno e in quantità importanti, rispetto a formaggi, salumi e patatine che, pur contenendone quantità maggiori in valore assoluto, vengono consumati più di rado.
Per tutte queste ragioni, almeno durante tutto il primo anno di vita dei nostri bimbi, l’uso del sale è assolutamente vietato!
In primo luogo perché può determinare un carico eccessivo sui reni ancora immaturi dei piccoli e poi perché potrebbe condizionare le loro abitudini alimentari da adulti, come confermato da uno studio recentissimo molto interessante, pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition e condotto da un’equipe di psicologi e nutrizionisti.
Questa ricerca ha rivelato come l’inserimento precoce del sale nell’alimentazione base dei neonati abbia una forte influenza sulle loro scelte future, orientandoli verso una sorta di “dipendenza” dai cibi ricchi di sodio già in età prescolare.
Mentre nei primi mesi di vita il campione esaminato non ha mostrato alcuna preferenza rispetto alla somministrazione di acqua e sale nel biberon, alla concentrazione dell’1% (una dose equivalente a quella presente in una minestra destinata ad un adulto) e del 2% (ritenuta troppo salata anche da una persona adulta), a sei mesi di età, sono emerse importanti differenze tra i bimbi che avevano già assunto pappe salate rispetto a quelli che non l’avevano ancora fatto.
Il test è stato poi ripetuto durante il periodo della scuola materna per valutare l’effetto d’imprinting dello svezzamento sul gusto e si è visto come i piccoli abituati al gusto salato fin dalle prime pappe continuavano a preferirlo anche più tardi.
Questo studio proseguirà nel tempo per valutare fino a che punto l’introduzione precoce del sale nell’alimentazione predisponga ad una propensione ai cibi salati a lungo termine.
Ricordiamo poi che un alimento più salato spinge a bere di più e quindi a consumare più bevande gassate e zuccherate, con tutte le conseguenze connesse.
E’ utile sapere che è possibile correre ai ripari, anche per noi adulti, rieducando il gusto al sapore naturale dei cibi: bastano circa tre mesi, durante i quali si può compensare con altri mezzi, per esempio ricorrendo all’uso di odori e spezie.
Le erbe aromatiche (alloro, basilico, maggiorana, erba cipollina, origano, prezzemolo, rosmarino, salvia, timo, menta…) possono essere introdotte gradualmente nella dieta del bambino dopo il primo compleanno.
Oltre a limitare l’uso del sale, anche se usate in piccola quantità, arricchiscono i piatti di vitamine utili (A e C), sali minerali e “oli essenziali” che possono facilitare la digestione (stimolando le secrezioni di stomaco, pancreas ed intestino), ridurre il senso di gonfiore e svolgere un’efficace azione antimicrobica.
Inoltre molte di queste erbe possono essere coltivate facilmente sui nostri balconi o davanzali, trasformandosi in una nuova scoperta e un divertente gioco per i nostri piccoli.
Anche il succo di limone e l’aceto consentono di dimezzare l’aggiunta di sale, in quanto agiscono da esaltatori di sapidità.
Come suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal nostro Ministero della Salute, sarebbe bene utilizzare il sale iodato, che è sale comune a cui viene aggiunto iodio sotto forma di ioduro e/o iodato di potassio. Non si tratta di un prodotto dietetico ma consente di prevenire la carenza di iodio che anche nel nostro Paese è alquanto diffusa.
Facciamo poi attenzione ai condimenti alternativi contenenti sodio, quali senape, dadi da brodo, ketchup, salsa di soia; moderiamo il consumo di olive da tavola, patatine, insaccati e formaggi, snack salati e, quando possibile, facciamo ricorso a linee alimentari a basso contenuto di sale.
Preferiamo anche acque ricche di calcio ma povere di sodio e poi impariamo ad assaggiare ciò che c’è nel piatto, prima di aggiungere automaticamente il sale, una pessima abitudine ad alto rischio di emulazione da parte dei bambini.
Alla luce di quanto detto, una cosa appare chiara ed evidente: meglio evitare o almeno posticipare quanto più possibile la somministrazione di sale nell’alimentazione dei nostri figli!